1968 e dintorni
Per provare a spiegare almeno una parte dello spirito del tempo che ha accompagnato la "rivoluzione del '68" occorre partire dalla profonda insoddisfazione provata, con motivazioni e spinte diverse, da moltissimi giovani. In relazione anche a momenti di tensione internazionale, al proseguire delle violenze di gruppi fascisti all'Università che precedettero e seguirono l'assassinio dello studente Paolo Rossi a Roma nel 1966, a molteplici motivi di autoritarismo da parte della gran parte dei baroni universitari, dalla presa di coscienza di una scuola di classe che escludeva i più e tramandava perfino le cattedre per via di nepotismo (se non per meriti politici), partì l'occupazione delle Università che si estese rapidamente a tutto il Paese (analogo sommovimento ci fu in tutto il mondo). Le prime rivendicazioni degli studenti si riferivano proprio alla loro condizione: studi molto cari, libri carissimi, professori latitanti, autoritarsimo, oggettività dei programmi, aule superaffollate, lezioni solo cattedratiche, valutazione, testi, contenuti obsoleti rispetto alle sollecitazioni del mondo allora contemporaneo, ... Si iniziò con una protesta durissima per il diritto allo studio e contro la scuola di classe (ma anche con lavori di gruppo, con controcorsi, con didattiche differenti). Dice Recuperati [32]: Questo discorso didattico e politico ha percorso per qualche tempo la scuola italiana e ha permesso la realizzazione di alcune esperienze importanti, negli spazi aperti dalle lotte degli studenti e di una parte dei docenti. Poi, lentamente, al primo riflusso del movimento studentesco, nonostante le resistenze, le vecchie strutture, rimaste sostanzialmente immodificate, hanno ripreso in gran parte il sopravvento. E qui si rivela la funzionalità politica di una struttura legislativa apparentemente anacronistica come quella che si è cercato di descrivere: in momenti di ripiegamento delle lotte sociali essa permette di ritornare indietro e di riprendere ogni piccola conquista, ricollocandola — svuotata — nella vecchia dimensione della scuola, autoritaria e deresponsabilizzante. Erano slogan? Eh no! Chiunque pensa questo non sa come l'opulenta Italia del miracolo economico, trattava i figli dei lavoratori di tale miracolo. Una sola tabella rende conto della situazione scolastica della opulenta Italia: Siamo solo nella prima elementare ed abbiamo questi dati agghiaccianti.
Il Fascismo non c'è più da 25 anni e la politica DC è la perfetta conservatrice di tutti i suoi ideali di classismo ed oppressione sociale. E noi eravamo certamente ingenui ma non impreparati e queste cose le conoscevamo bene anche perché molti di noi provenivano da zone dove l'evasione dall'obbligo, le bocciature alle elementari, la necessità di lavoro precoce per i bambini, ... erano dei dati vissuti. Come vissuto era il sistema duramente selettivo degli studi superiori che molti studenti dovevano pagarsi con il proprio lavoro. Il sistema del presalario che era stato introdotto era buffonesco e assegnava denaro solo ai figli di papà che evadevano le tasse e risultavano quindi bisognosi se non nullatenenti. E questo poteva avvenire perché il presalario si assegnava a posteriori, alla fine di un anno, quando chi aveva dovuto lavorare non era riuscito ad ottenere valutazioni analoghe a quello che aveva solo potuto studiare. Il sistema degli esami era micidiale. Non solo si era esaminati in tutte le materie, ma addirittura sui programmi dei tre ultimi anni, con tutti gli scritti e gli orali del caso. Entrare all'Università era una vera impresa e, una volta entrati, occorreva pagare tasse elevate, ammucchiarsi in 700 in aule per 350 persone, non avere mai il piacere di vedere un professore se non quando in due minuti ti bocciava deridendoti. Molti erano poi fuori sede, con l'ulteriore carico o del trasferimento quotidiano o della costosissima permanenza in un lettino subaffittato, senza avere neppure un posto dove studiare. Beh, non dico altro, spero si sia capito. Le lotte furono molto intense e dure. Il Movimento fu oggetto di una violenta repressione del governo. Le iniziali simpatie dell'opposizione si tramutarono presto in aperta ostilità (il PSI era al governo ed il PCI non tollerava e mai ha tollerato che qualcuno respirasse alla sua sinistra). Questi fatti fecero passare il Movimento dall'opposizione su temi corporativi a quella generalizzata, fino alla proposizione di un potere politico diverso. Eda a tal fine uscì dalle Università per collegarsi fattivamente con le fabbriche. Si innestò una unità di azione fecondissima che morì, appunto, con la Strage di Piazza Fontana. Ma come rispose il potere DC e dei suoi alleati almeno alle rivendicazioni corporative ? Il fine del governo non era quello di risolvere i problemi ma quello di disinnescare la protesta e così le cose che fece furono vergognosamente populiste, demagogiche, piccole negli intenti, prive di prospettive, cialtrone nella sostanza e misero in moto un vero disastro nella scuola. Si confusero cause con effetti e si credette di risolvere e tacitare il malcontento generalizzato con quella ‘riforma’ sulle uscite (quindi sugli esami) piuttosto che prevedere una rimessa in discussione dell’intero impianto scolastico. Tralascio l'Università perché non ne ho mai parlato e mi riferisco solo ai provvedimenti che furono presi per la scuola. Nel 1969 furono varati i seguenti provvedimenti (governi Rumor): - riforma degli esami di maturità (febbraio, ministro Sullo); - con i corsi integrativi biennali, gli istituti professionali diventano quinquennali e sono così equiparati ad ogni altra scuola media superiore (ottobre, ministro Ferrari Aggradi); - si aprono le porte di tutte le facoltà universitarie ai diplomati di tutte le scuole medie superiori (dicembre, ministro Ferrari Aggradi). Ad una scuola che diventa di massa si risponde in modo vergognoso accreditando il fatto che non può esistere scuola di massa insieme a scuola qualificata. L'apertura degli accessi all'Università agli studenti di ogni provenienza secondaria, senza una minima ristrutturazione dell'Università stessa, ha portato all'esplosione dell'Università accreditando l'equazione: scuola di massa = scuola dequalificata. Gli esami che fino ad allora si erano fatti su tutte le materie di studio con scritti ed orali (ed importanti incursioni sull'ultimo triennio di studio), si facevano ora su due soli scritti e due materie su quattro possibili (una indicata dal candidato e la seconda, date le circolari ministeriali che invitavano le commissioni a favorire e non penalizzare i ragazzi, praticamente pure). Si tenga conto che questo esame era stato introdotto sperimentalmente e sarebbe stato cambiato nell’arco di due anni che, con disinvoltura, sono diventati 30. Si può capire che cambiare l’esame senza cambiare il tipo di corso di studi è, a parte ogni altro giudizio, profondamente errato didatticamente: l’esame deve essere funzionale ad un qualche obiettivo che ci si prefigge. Dato che qui non venivano esplicitati obiettivi, c’è da dedurne che l’unico obiettivo era politico e cioè quello di calmare la protesta con un contentino che, alla lunga, è stato esiziale per la scuola. A lato di ciò vi erano altre spinte che confluivano nella stessa direzione: una sorta di ‘filosofia’ cattolica (alla quale spesso si è associato il pensiero di qualche marxista immaginario) che, partendo non da Don Milani ma da Maria Montessori , vedeva lo studente come una sorta di vaso di cristallo che non poteva essere toccato senza il rischio di romperlo. Fatto ancora più importante era relativo all'uso della scuola come momento di parcheggio per disoccupati potenziali che doveva estendersi sempre di più. Le sperimentazioni cui si dette il via a partire dagli anni '70 (anche se nascevano con il fine di rendere più accettabile la scuola ai figli di papà), quando sfuggirono di mano al ministero (dalla sperimentazioni sui contenuti si era passati a quelle sulla gestione della scuola stessa), furono immediatamente e drasticamente affossate (senza per altro che nessuna memoria di esse fosse fatta circolare nelle altre scuole). Nel frattempo quelli del '68 erano entrati nella scuola come professori ed a loro furono dovute tutte le lotte di quegli anni sulle sperimentazioni, sulla gestione democratica della scuola, ancora sul diritto allo studio, sui corsi abilitanti, sull'eliminazione del precariato nella scuola, sull'aggiorna.mento degli insegnanti. Da allora è iniziato il linciaggio dei professori, responsabili di tutti i mali della scuola. Intanto, quando passarono i Decreti Delegati, molti di noi avvertirono che era una manovra per affossare le lotte degli studenti e dei professori (lottavamo insieme, o fate finta di non ricordarlo ?). Le infinite discussioni senza un bilancio adeguato che potesse poi rendere operative le decisioni fece perdere la fiducia nella democrazia . Roberto Renzetti http://www.fisicamente.net/ |
La storia
della tenuta della Bufalotta La tenuta della Bufalotta, di proprietà del Pio Istituto della Santissima Annunziata di Roma, a partire dagli inizi del Novecento fu interessata da una radicale azione di bonifica per debellare la malaria. Le opere furono destinate sia al miglioramento fondiario (la tenuta fu divisa in cinque unità agrarie), sia all’istituzione di scuole, la prima delle quali fu una scuola comunale rurale composta da due o tre aule in una capanna di legno e paglia. In seguito, per favorire anche il ripopolamento della zona, nel 1914 fu costruita ad opera della Congregazione di Carità, enfiteuta del citato Pio Istituto, una scuola di formazione professionale agraria con annesso convitto, la “Colonia Agricola”, che ha dato il nome alla via di accesso al fabbricato; essa era riservata agli orfani di guerra e ai bambini abbandonati della provincia. Nel 1934 fu edificata anche una sede per l’Istituto Femminile della Colonia. A gestire fin dall’inizio la Colonia Agricola Romana, intitolata a Raffaele Lambruschini, furono i Padri Giuseppini, che vi rimasero fino al 1952. Per i lavori agricoli furono adottate attrezzature di vario tipo, macchinari moderni e mezzi di trasporto; l’intera zona venne elettrificata e dotata di impianti idraulici, furono costruite ampie stalle per il ricovero del bestiame. Furono piantati un frutteto, una vigna, l’orto e un campo di grano destinato alla produzione di farina, grazie al mulino appositamente costruito, e alla lavorazione del pane, cotto nel forno a vapore di cui disponeva la colonia. L’imponente fabbricato, appositamente edificato, fu dotato di dormitori, docce, ampie terrazze, refettori, biblioteca, museo storico e fisico locale, una cappella, una sala ricreativa destinata alle prove della banda, conferenze, rappresentazioni teatrali e proiezioni cinematografiche. Gli allievi, dopo aver frequentato i primi cinque anni di scuole elementari, il corso di avviamento con indirizzo agrario ed aver contemporaneamente compiuto il tirocinio teorico-pratico, se fisicamente idonei, potevano passare all’Azienda Famiglia. L’azienda si estendeva per 80 ettari, in cui a turno i ragazzi si occupavano di vari incarichi; essi cooperavano attivamente, compartecipando agli utili e percependo una retribuzione giornaliera. Le attività furono interrotte durante l’ultima guerra, quando gli edifici divennero sede di un comando militare tedesco, e successivamente riavviate. Nel 1970 l’Istituto professionale per l’agricoltura cessava le sue attività per essere sostituito dal Liceo sperimentale unitario che rimase attivo fino al 1979, divenendo poi succursale dell’Istituto Tecnico Agricolo Statale ex “E. De Fonseca”. Nel 1983 una parte della struttura fu destinata a scuola media statale, dedicata ad Alfredo Panzini; mentre dopo la ristrutturazione dell’edificio centrale di Via della Colonia Agricola, l’Istituto Tecnico dal 1985 al 2000 divenne sede autonoma. Dal 2001 è succursale dell’Istituto Tecnico Agricolo Statale “Emilio Sereni”. |