La commissione Brocca
Debbono passare una decina d'anni per avere una iniziativa di grande rilievo, quella della Commissione Brocca (dal nome del sottosegretario alla Pubblica Istruzione che coordinò la commissione ministeriale autrice del progetto), istituita nel 1988 (Ministro Galloni, governo De Mita). All'inizio la commissione Brocca ricevette da Galloni il mandato di "revisionare" i programmi dei primi due anni della secondaria superiore, in vista del prolungamento dell'istruzione obbligatoria al sedicesimo anno d'età. Nel 1989 si ebbe l'elaborazione dell'area comune del biennio. Nel 1991 il mandato fu esteso ai piani di studio del triennio.
Nel 1994 la commissione, che aveva lavorato in realtà all'obiettivo assai più ambizioso di rinnovare sia l'ordinamento, sia i curricula della secondaria superiore, concludeva i suoi lavori. Insomma la Commissione trascende l'ambito ristretto dei compiti iniziali per proporre un complesso di cambiamenti che ambiscono essere riforma.
La Commissione Brocca e quali cambiamenti ha comportato. Furono pubblicati due ponderosi volumi e fu possibile, da quel momento, iniziare a chiedere (ed ottenere con una certa facilità) al MPI la possibilità di sperimentare la ‘riforma Brocca’. Mancava qualche dettaglio e la riforma sarebbe passata ma Tangentopoli fece cadere quei governi e di nuovo ci siamo trovati a piedi (con molte scuole che, ancora oggi, portano avanti la sperimentazione Brocca, con a lato altre che sperimentano informatica, ed altre che…). Caratteristica non condivisibile, dal mio e molti altri punti di vista, della riforma Brocca era il fatto che si erano costruiti dei programmi disciplinari esaustivi (tutto lo scibile). Vi era dentro tutto lo scibile ed erano profondamente non realistici rispetto alla situazione che si viveva e vive nelle scuole. Inoltre un altro pezzo che aveva lasciato l’amaro in bocca era la comparsa delle lobby e delle associazioni professionali: ognuna di queste arrivava per fare il mercato delle vacche sul numero delle ore da assegnare ad una data disciplina. Forti si dimostrarono, in ambito scientifico, le lobby dei chimici, dei geografi,….molto meno quella dei fisici.
Vediamo cosa prevedeva il progetto Brocca, iniziando dal primo ponderoso volume dei suoi lavori, quello dedicato al biennio. Il principio a cui ci si ispira è quello di costruire una sorta di continuità con la riforma della scuola media del 1962, puntando sulla centralità non dei programmi, ma dello studente. Ne discende il tentativo di costruire un sapere comune, che va assicurato a tutti, per consentire a tutti di accedere a uno strumentario di base. Pertanto si disegna un biennio unico a tutti i tipi di scuola con alcune discipline comuni (22 ore complessive alla settimana) ed altre di indirizzo (12 ore a settimana) che in qualche modo servono a determinare la scelta del proseguimento degli studi da parte dello studente.
Le discipline comuni sono:religione, italiano, lingua straniera, storia, diritto ed economia, matematica e informatica, scienze della terra, biologia, educazione fisica. Gli indirizzi possibili, a seconda dei quali si faranno le 12 ore di indirizzo sono: classico, linguistico, socio-pedagogico, scientifico, tecnologico, economico, artistico, professionale.
Nel secondo volume del progetto Brocca, quello dedicato ai trienni, ancora più ponderoso del primo, si nota la difficoltà del problema di doversi sbarazzare di una pletora di indirizzi che si sono accumulati negli anni per le scuole professionali e, soprattutto, per gli Istituti Tecnici Industriali (ITIS). A questa situazione davvero insostenibile Brocca propone l'alternativa di un triennio che prevedesse, complessivamente, solo in una ventina di sbocchi o licei. L'insostenibilità della situazione discende dalla rigidità dell'organizzazione scolastica. Nei 45 anni a governo democristiano, ogni minima richiesta dell'industria per un tipo di specializzazione veniva pedissequamente eseguita senza mai porsi il problema complessivo del raccordo e/o integrazione con specializzazioni già esistenti. Così, stancamente ed acriticamente si era arrivati ad accumulare cose su altre anche obsolete. La burocrazia ministeriale fatta di incompetenti direttori generali non aveva mai detto nulla e tutto si trascinava. Inoltre vi era il solito vizio culturale, tipico di chi non ha riguardo per i lavoratori. Io oggi voglio uno che sappia fare questo. Ed il Ministero lo fornisce. Oggi questa persona non mi serve più dice il padrone, perché è cambiato il modo di produzione ... e l'intera società ne prende semplicemente atto. A questo vero sfregio si accompagnano le prediche del tipo: serve flessibilità! E dietro la predica vi è il solito imbroglio: dove serve la flessibilità, in entrata o in uscita ? Serve cioè un lavoratore che sia in grado di essere flessibile per cambiare il suo modo di produrre ed essere in fabbrica, o serve una organizzazione del lavoro flessibile che permette ai padroni di assumere per breve tempo e poi licenziare quando quel lavoratore è obsoleto ? Dalle parti nostre si è scelta la seconda strada in accordo con il fatto che noi vediamo sempre la fine di un discorso perché usiamo scambiare cause con effetti. A nessuno è mai venuto in mente di operare non fornendo preparazioni specialistiche e rigide (come erano gli ITIS di qualche anno fa) ma fornendo una preparazione elastica che prevedesse la capacità dell'autoaggiornamento nel momento del bisogno.
In questo senso ed in linea di principio (le cose in Italia sono sempre messe insieme nel tempo, tempo nel quale accade di tutto e le eventuali buone intenzioni muoiono all'alba del giorno dopo), la riduzione delle uscite triennali a 20 (ma anche meno) è una ottima iniziativa. Queste uscite, gli indirizzi, sono: classico, linguistico, socio-psico-pedagogico, scientifico, scientifico-tecnologico, chimico, elettrotecnico, informatico-telecomunicazioni, meccanico, tessile, costruzioni, territorio, agro-industriale, biologico, economico-aziendale linguistico-aziendale, trasporti, turistico, artistico-beni culturali, artistico-composizione artistico-comunicazioni.
Nel triennio Brocca, in analogia con il biennio, vengono mantenute le materie comuni (fra cui filosofia presente in tutti i trienni) e le materie di indirizzo. Ed ora si passa a circa il 50% delle une e delle altre. In pratica e per la prima volta si costruisce una scuola secondaria di secondo grado che ha pari dignità per ogni indirizzo.
Le critiche non mancheranno. Si dirà che tale scuola non è professionalizzante, che è una liceizzazione e che è sbilanciata in senso umanistico. Ma a questo rispondeva lo stesso progetto perché prevedeva una delega per la successiva costruzione di uno o massimo due anni strettamente professionalizzanti (segmento formativo post-scolastico), a livello parauniversitario.
Nel 1991, per la parte concernente il biennio, il progetto aveva iniziato ad essere sperimentato in molte scuole (la cosa, come spero aver mostrato parlando degli sperimentali post Frascati, non è mai di buon auspicio in Italia dove sperimentare non vuol dire nulla perché nessuno raccoglie gli esiti di tali sperimentazioni). Nel 1993 si iniziava a sperimentare anche il triennio. Nell'anno scolastico 1994/95 questa riforma virtuale si bloccava per il fatto che la burocrazia ministeriale non convalidava i titoli, ma continuava a dare il titolo della vecchia scuola (se ad esempio ci si scriveva presso un liceo scientifico all'indirizzo Brocca informatico- telecomunicazioni, alla fine del corso, pur facendo esami specifici, si riceveva un diploma di liceo scientifico senza altra specificazione. Solo per dire che in Italia una questione amministrativo burocratica può fermare anche la Rivoluzione). Così molte scuole non chiesero più la sperimentazione, sommerse dalle proteste delle famiglie e degli studenti che avevano investito in buona fede in un certo modo (comunque nell'anno scolastico 1994/95 vi erano in corso 761 sperimentazioni, così ripartite: 578 istituti dell'istruzione classica, scientifica e magistrale, 183 istituti dell'istruzione tecnica ed progetto Brocca si è trasformato in una sperimentazione come tante, malgrado la Commissione fosse stata incaricata di una revisione complessiva del sistema scolastico superiore. L'unico effetto permanente che essa ha prodotto è di natura amministrativa, non politica: la Direzione Tecnica e quella Professionale del Ministero decidevano d'ufficio di istituzionalizzare il biennio Brocca nei rispettivi comparti (istruzione professionale, istruzione tecnico-industriale, biennio ex sperimentazione Igea).
Una importantissima riforma riguardò la scuola elementare (DPR n. 104) con i Nuovi Programmi Didattici del 1985 (Ministro Falcucci) ai quali seguì la vera e propria riforma che vide la luce nel 1990 (Legge 148). Il metodo è sempre deprecabile: non si coinvolgono mai gli insegnanti, neppure a livelli di serio aggiornamento, ma tutto precipita dall'alto (a chi si lamenta dell'assenza dei pedagogisti, conoscendo quelli che circolano sia a destra che a sinistra come vedremo nella Terza parte del lavoro, rispondo che questa è stata una vera fortuna). L'aspetto rilevante della Riforma fu l'introduzione dei moduli ed il mantenimento del tempo pieno (chiamato prolungato) frutto della mediazione tra chi lo voleva togliere (Falcucci) e chi lo voleva mantenere (i comunisti Bianchi e Beretta).
Le innovazioni introdotte dalla Legge possono essere schematicamente riassunte nelle seguenti:
A) organizzazione del curricolo per ambiti disciplinari e istituzione del "modulo":
la funzione docente e l’organizzazione del lavoro didattico cambiano poiché scompare l'insegnante unico per lasciare il posto ad un modello organizzativo e didattico modulare con l’assegnazione di tre insegnanti su due classi quando possibile e di quattro insegnanti su tre classi negli altri casi.
B) istituzione del tempo prolungato:
La legge istituisce un tempo lungo di 30 ore settimanali più la permanenza del tempo pieno dove é istituito (40 ore con mensa ed interscuola). Su questo punto lo scontro a livello parlamentare é stato molto duro, con una DC che voleva un orario breve e antimeridiano con il falso scopo di tutelare la funzione educativa delle famiglie e con il vero fine che era quello di far preferire alle famiglie di chi lavora per l'intera giornata scuole a tempo pieno confessionali; e con il PCI che si battevano per un vero tempo pieno, anche pomeridiano. L’orario destinato alle attività didattiche deve essere di 27 ore settimanali elevabili fino a 30 con l’inserimento della lingua straniera; tale orario va distribuito in cinque o sei giorni e ripartito tra mattino e pomeriggio. Nelle classi che si sono mantenute a tempo pieno tale orario arriva a 40 ore. A decorrere dall’anno scolastico 1990-91 potranno realizzarsi, su richiesta delle famiglie, anche per gruppi di alunni di classi diverse, attività di arricchimento e di integrazione degli insegnamenti curricolari".
C) programmazione educativa e didattica in rapporto al gruppo docente:
l’impianto organizzativo è il seguente
la collegialità della programmazione dell’azione educativa e dell’attività didattica;
le modalità di assegnazione degli insegnanti al modulo e l’affidamento, da parte del Direttore Didattico, degli ambiti disciplinari, attraverso una procedura di ottimizzazione delle risorse umane, basata sulle competenze ed esperienze, patrimonio dei singoli docenti;
l’aggregazione delle discipline in ambiti disciplinari sulla base di criteri stabiliti dal Ministro;
la contitolarità e la corresponsabilità collegiale di singoli insegnanti anche nel momento della valutazione;
la valorizzazione delle competenze e delle esperienze professionali;
la continuità e la rotazione degli insegnanti nel tempo.
Per il primo ciclo, "per favorire l’impostazione unitaria e predisciplinare dei programmi, la specifica articolazione del modulo organizzativo (...) è, di norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un singolo insegnante in ognuna delle classi". Ma la quasi totalità dei collegi docenti italiani, che avevano la facoltà di scegliere, ha optato per un modello di contitolarità paritaria, basato su una distribuzione dell’orario più equilibrata in tutte le classi al fine di evitare la maggiore importanza tradizionalmente attribuita a certe discipline.
Anche i programmi (quelli del 1985) meritano un cenno perché sono molto innovativi sia per l'impostazione, sia per l'autonomia che riconoscono sul piano dei contenuti disciplinari ad argomenti che in precedenza figuravano solo all'interno dei programmi di altre discipline, come le scienze naturali, gli studi sociali, l'educazione al suono e alla musica. Per quanto riguarda l'organizzazione didattica, è confermata l'articolazione in due cicli, introdotta con i programmi del 1955 e approvata da un'apposita legge nel 1957. Il primo ciclo comprende la prima e la seconda classe, il secondo comprende le classi successive. È stato invece abolito nel 1977 l'esame di passaggio dal primo al secondo ciclo. In considerazione dei ritmi di crescita individuale è prevista la possibilità di scansioni diverse nell'arco del quinquennio. Le disciplinesono: lingua italiana; lingua straniera (a partire dal secondo anno); matematica; scienze; storia-geografia-studi sociali; religione; educazione all'immagine; educazione al suono e alla musica; educazione motoria.
Il Collegio dei docenti definisce i tempi settimanali massimi da attribuire alle singole discipline; elabora indicazioni sul modo di organizzare i tempi di compresenza degli insegnanti; mira a un arricchimento dell'offerta formativa e all'insegnamento individualizzato; individua i criteri generali per orientare le decisioni dei gruppi docenti sull'alternanza degli insegnanti e delle attività, sulla distribuzione equilibrata dei carichi cognitivi, sulla valorizzazione dei momenti di accoglienza e di relazione.
Non esistono più voti numerici né pagelle dall'anno scolastico 1978-79, aboliti insieme agli esami di riparazione. La scheda di valutazione illustra lo sviluppo e la personalità dell'alunno. La ripetenza è riservata ai casi eccezionali
Nel 1994 la commissione, che aveva lavorato in realtà all'obiettivo assai più ambizioso di rinnovare sia l'ordinamento, sia i curricula della secondaria superiore, concludeva i suoi lavori. Insomma la Commissione trascende l'ambito ristretto dei compiti iniziali per proporre un complesso di cambiamenti che ambiscono essere riforma.
La Commissione Brocca e quali cambiamenti ha comportato. Furono pubblicati due ponderosi volumi e fu possibile, da quel momento, iniziare a chiedere (ed ottenere con una certa facilità) al MPI la possibilità di sperimentare la ‘riforma Brocca’. Mancava qualche dettaglio e la riforma sarebbe passata ma Tangentopoli fece cadere quei governi e di nuovo ci siamo trovati a piedi (con molte scuole che, ancora oggi, portano avanti la sperimentazione Brocca, con a lato altre che sperimentano informatica, ed altre che…). Caratteristica non condivisibile, dal mio e molti altri punti di vista, della riforma Brocca era il fatto che si erano costruiti dei programmi disciplinari esaustivi (tutto lo scibile). Vi era dentro tutto lo scibile ed erano profondamente non realistici rispetto alla situazione che si viveva e vive nelle scuole. Inoltre un altro pezzo che aveva lasciato l’amaro in bocca era la comparsa delle lobby e delle associazioni professionali: ognuna di queste arrivava per fare il mercato delle vacche sul numero delle ore da assegnare ad una data disciplina. Forti si dimostrarono, in ambito scientifico, le lobby dei chimici, dei geografi,….molto meno quella dei fisici.
Vediamo cosa prevedeva il progetto Brocca, iniziando dal primo ponderoso volume dei suoi lavori, quello dedicato al biennio. Il principio a cui ci si ispira è quello di costruire una sorta di continuità con la riforma della scuola media del 1962, puntando sulla centralità non dei programmi, ma dello studente. Ne discende il tentativo di costruire un sapere comune, che va assicurato a tutti, per consentire a tutti di accedere a uno strumentario di base. Pertanto si disegna un biennio unico a tutti i tipi di scuola con alcune discipline comuni (22 ore complessive alla settimana) ed altre di indirizzo (12 ore a settimana) che in qualche modo servono a determinare la scelta del proseguimento degli studi da parte dello studente.
Le discipline comuni sono:religione, italiano, lingua straniera, storia, diritto ed economia, matematica e informatica, scienze della terra, biologia, educazione fisica. Gli indirizzi possibili, a seconda dei quali si faranno le 12 ore di indirizzo sono: classico, linguistico, socio-pedagogico, scientifico, tecnologico, economico, artistico, professionale.
Nel secondo volume del progetto Brocca, quello dedicato ai trienni, ancora più ponderoso del primo, si nota la difficoltà del problema di doversi sbarazzare di una pletora di indirizzi che si sono accumulati negli anni per le scuole professionali e, soprattutto, per gli Istituti Tecnici Industriali (ITIS). A questa situazione davvero insostenibile Brocca propone l'alternativa di un triennio che prevedesse, complessivamente, solo in una ventina di sbocchi o licei. L'insostenibilità della situazione discende dalla rigidità dell'organizzazione scolastica. Nei 45 anni a governo democristiano, ogni minima richiesta dell'industria per un tipo di specializzazione veniva pedissequamente eseguita senza mai porsi il problema complessivo del raccordo e/o integrazione con specializzazioni già esistenti. Così, stancamente ed acriticamente si era arrivati ad accumulare cose su altre anche obsolete. La burocrazia ministeriale fatta di incompetenti direttori generali non aveva mai detto nulla e tutto si trascinava. Inoltre vi era il solito vizio culturale, tipico di chi non ha riguardo per i lavoratori. Io oggi voglio uno che sappia fare questo. Ed il Ministero lo fornisce. Oggi questa persona non mi serve più dice il padrone, perché è cambiato il modo di produzione ... e l'intera società ne prende semplicemente atto. A questo vero sfregio si accompagnano le prediche del tipo: serve flessibilità! E dietro la predica vi è il solito imbroglio: dove serve la flessibilità, in entrata o in uscita ? Serve cioè un lavoratore che sia in grado di essere flessibile per cambiare il suo modo di produrre ed essere in fabbrica, o serve una organizzazione del lavoro flessibile che permette ai padroni di assumere per breve tempo e poi licenziare quando quel lavoratore è obsoleto ? Dalle parti nostre si è scelta la seconda strada in accordo con il fatto che noi vediamo sempre la fine di un discorso perché usiamo scambiare cause con effetti. A nessuno è mai venuto in mente di operare non fornendo preparazioni specialistiche e rigide (come erano gli ITIS di qualche anno fa) ma fornendo una preparazione elastica che prevedesse la capacità dell'autoaggiornamento nel momento del bisogno.
In questo senso ed in linea di principio (le cose in Italia sono sempre messe insieme nel tempo, tempo nel quale accade di tutto e le eventuali buone intenzioni muoiono all'alba del giorno dopo), la riduzione delle uscite triennali a 20 (ma anche meno) è una ottima iniziativa. Queste uscite, gli indirizzi, sono: classico, linguistico, socio-psico-pedagogico, scientifico, scientifico-tecnologico, chimico, elettrotecnico, informatico-telecomunicazioni, meccanico, tessile, costruzioni, territorio, agro-industriale, biologico, economico-aziendale linguistico-aziendale, trasporti, turistico, artistico-beni culturali, artistico-composizione artistico-comunicazioni.
Nel triennio Brocca, in analogia con il biennio, vengono mantenute le materie comuni (fra cui filosofia presente in tutti i trienni) e le materie di indirizzo. Ed ora si passa a circa il 50% delle une e delle altre. In pratica e per la prima volta si costruisce una scuola secondaria di secondo grado che ha pari dignità per ogni indirizzo.
Le critiche non mancheranno. Si dirà che tale scuola non è professionalizzante, che è una liceizzazione e che è sbilanciata in senso umanistico. Ma a questo rispondeva lo stesso progetto perché prevedeva una delega per la successiva costruzione di uno o massimo due anni strettamente professionalizzanti (segmento formativo post-scolastico), a livello parauniversitario.
Nel 1991, per la parte concernente il biennio, il progetto aveva iniziato ad essere sperimentato in molte scuole (la cosa, come spero aver mostrato parlando degli sperimentali post Frascati, non è mai di buon auspicio in Italia dove sperimentare non vuol dire nulla perché nessuno raccoglie gli esiti di tali sperimentazioni). Nel 1993 si iniziava a sperimentare anche il triennio. Nell'anno scolastico 1994/95 questa riforma virtuale si bloccava per il fatto che la burocrazia ministeriale non convalidava i titoli, ma continuava a dare il titolo della vecchia scuola (se ad esempio ci si scriveva presso un liceo scientifico all'indirizzo Brocca informatico- telecomunicazioni, alla fine del corso, pur facendo esami specifici, si riceveva un diploma di liceo scientifico senza altra specificazione. Solo per dire che in Italia una questione amministrativo burocratica può fermare anche la Rivoluzione). Così molte scuole non chiesero più la sperimentazione, sommerse dalle proteste delle famiglie e degli studenti che avevano investito in buona fede in un certo modo (comunque nell'anno scolastico 1994/95 vi erano in corso 761 sperimentazioni, così ripartite: 578 istituti dell'istruzione classica, scientifica e magistrale, 183 istituti dell'istruzione tecnica ed progetto Brocca si è trasformato in una sperimentazione come tante, malgrado la Commissione fosse stata incaricata di una revisione complessiva del sistema scolastico superiore. L'unico effetto permanente che essa ha prodotto è di natura amministrativa, non politica: la Direzione Tecnica e quella Professionale del Ministero decidevano d'ufficio di istituzionalizzare il biennio Brocca nei rispettivi comparti (istruzione professionale, istruzione tecnico-industriale, biennio ex sperimentazione Igea).
Una importantissima riforma riguardò la scuola elementare (DPR n. 104) con i Nuovi Programmi Didattici del 1985 (Ministro Falcucci) ai quali seguì la vera e propria riforma che vide la luce nel 1990 (Legge 148). Il metodo è sempre deprecabile: non si coinvolgono mai gli insegnanti, neppure a livelli di serio aggiornamento, ma tutto precipita dall'alto (a chi si lamenta dell'assenza dei pedagogisti, conoscendo quelli che circolano sia a destra che a sinistra come vedremo nella Terza parte del lavoro, rispondo che questa è stata una vera fortuna). L'aspetto rilevante della Riforma fu l'introduzione dei moduli ed il mantenimento del tempo pieno (chiamato prolungato) frutto della mediazione tra chi lo voleva togliere (Falcucci) e chi lo voleva mantenere (i comunisti Bianchi e Beretta).
Le innovazioni introdotte dalla Legge possono essere schematicamente riassunte nelle seguenti:
A) organizzazione del curricolo per ambiti disciplinari e istituzione del "modulo":
la funzione docente e l’organizzazione del lavoro didattico cambiano poiché scompare l'insegnante unico per lasciare il posto ad un modello organizzativo e didattico modulare con l’assegnazione di tre insegnanti su due classi quando possibile e di quattro insegnanti su tre classi negli altri casi.
B) istituzione del tempo prolungato:
La legge istituisce un tempo lungo di 30 ore settimanali più la permanenza del tempo pieno dove é istituito (40 ore con mensa ed interscuola). Su questo punto lo scontro a livello parlamentare é stato molto duro, con una DC che voleva un orario breve e antimeridiano con il falso scopo di tutelare la funzione educativa delle famiglie e con il vero fine che era quello di far preferire alle famiglie di chi lavora per l'intera giornata scuole a tempo pieno confessionali; e con il PCI che si battevano per un vero tempo pieno, anche pomeridiano. L’orario destinato alle attività didattiche deve essere di 27 ore settimanali elevabili fino a 30 con l’inserimento della lingua straniera; tale orario va distribuito in cinque o sei giorni e ripartito tra mattino e pomeriggio. Nelle classi che si sono mantenute a tempo pieno tale orario arriva a 40 ore. A decorrere dall’anno scolastico 1990-91 potranno realizzarsi, su richiesta delle famiglie, anche per gruppi di alunni di classi diverse, attività di arricchimento e di integrazione degli insegnamenti curricolari".
C) programmazione educativa e didattica in rapporto al gruppo docente:
l’impianto organizzativo è il seguente
la collegialità della programmazione dell’azione educativa e dell’attività didattica;
le modalità di assegnazione degli insegnanti al modulo e l’affidamento, da parte del Direttore Didattico, degli ambiti disciplinari, attraverso una procedura di ottimizzazione delle risorse umane, basata sulle competenze ed esperienze, patrimonio dei singoli docenti;
l’aggregazione delle discipline in ambiti disciplinari sulla base di criteri stabiliti dal Ministro;
la contitolarità e la corresponsabilità collegiale di singoli insegnanti anche nel momento della valutazione;
la valorizzazione delle competenze e delle esperienze professionali;
la continuità e la rotazione degli insegnanti nel tempo.
Per il primo ciclo, "per favorire l’impostazione unitaria e predisciplinare dei programmi, la specifica articolazione del modulo organizzativo (...) è, di norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un singolo insegnante in ognuna delle classi". Ma la quasi totalità dei collegi docenti italiani, che avevano la facoltà di scegliere, ha optato per un modello di contitolarità paritaria, basato su una distribuzione dell’orario più equilibrata in tutte le classi al fine di evitare la maggiore importanza tradizionalmente attribuita a certe discipline.
Anche i programmi (quelli del 1985) meritano un cenno perché sono molto innovativi sia per l'impostazione, sia per l'autonomia che riconoscono sul piano dei contenuti disciplinari ad argomenti che in precedenza figuravano solo all'interno dei programmi di altre discipline, come le scienze naturali, gli studi sociali, l'educazione al suono e alla musica. Per quanto riguarda l'organizzazione didattica, è confermata l'articolazione in due cicli, introdotta con i programmi del 1955 e approvata da un'apposita legge nel 1957. Il primo ciclo comprende la prima e la seconda classe, il secondo comprende le classi successive. È stato invece abolito nel 1977 l'esame di passaggio dal primo al secondo ciclo. In considerazione dei ritmi di crescita individuale è prevista la possibilità di scansioni diverse nell'arco del quinquennio. Le disciplinesono: lingua italiana; lingua straniera (a partire dal secondo anno); matematica; scienze; storia-geografia-studi sociali; religione; educazione all'immagine; educazione al suono e alla musica; educazione motoria.
Il Collegio dei docenti definisce i tempi settimanali massimi da attribuire alle singole discipline; elabora indicazioni sul modo di organizzare i tempi di compresenza degli insegnanti; mira a un arricchimento dell'offerta formativa e all'insegnamento individualizzato; individua i criteri generali per orientare le decisioni dei gruppi docenti sull'alternanza degli insegnanti e delle attività, sulla distribuzione equilibrata dei carichi cognitivi, sulla valorizzazione dei momenti di accoglienza e di relazione.
Non esistono più voti numerici né pagelle dall'anno scolastico 1978-79, aboliti insieme agli esami di riparazione. La scheda di valutazione illustra lo sviluppo e la personalità dell'alunno. La ripetenza è riservata ai casi eccezionali